Alle h. 19.03 del 21 dicembre 1988, un aereo della Pan Am (volo n. 103) è esploso in volo. Tutti i 259 passeggeri a bordo, i membri dell'equipaggio nonché undici abitanti della cittadina di Lockerbie, sulla quale sono caduti i rottami, sono rimasti uccisi. La Corte ha stabilito che il disastro è stato la conseguenza dell'introduzione di un ordigno esplosivo nella stiva dell'aereo da parte dei due imputati singolarmente, congiuntamente, o con l'aiuto di terzi. L'esplosione dell'ordigno avvenuta mentre l'aereo si trovava nello spazio aereo scozzese lo ha disintegrato. Sulla base di tali circostanze originariamente venne sostenuto che gli imputati erano colpevoli di associazione criminosa ai fini di omicidio o, alternativamente omicidio, ovvero di violazione dell'art. 2 (1) e (5) dell'"Aviation Security Act" del 1982. Tuttavia, a conclusione dell'esame delle memorie della Corte, l'imputazione è stata limitata a quella di omicidio.
Non è stato contestato, ed è stato ampiamente provato, che causa del disastro è stata l'esplosione di un ordigno all'interno dell'aereo. Né è stata contestata l'imputazione di omicidio nei confronti della persona, o delle persone, responsabili di avere deliberatamente introdotto l'ordigno esplosivo all'interno dell'aereo. Il punto in questione in questo procedimento è stabilire se la Corte abbia provato al di là di ogni ragionevole dubbio che uno o l'altro, o entrambi gli imputati, sono effettivamente responsabili del reato ovvero ne abbiano favorito l'esecuzione.
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Dopo l'attentato è stata organizzata una vasta operazione di polizia per recuperare il maggior numero di rottami possibile al fine di accertare la causa dell'esplosione. Migliaia di pezzi sono stati recuperati, catalogati e registrati ed ogni pezzo che potesse fornire un indizio relativamente alla causa dell'esplosione è stato esaminato da esperti.
Inizialmente, i rottami recuperati sono stati raccolti in un hangar a Longtown, dove sono stati esaminati dagli ispettori della Air Accidents Investigation Board ("AAIB").
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Dalla natura dei danni riscontrati si è giunti alla conclusione, che noi accettiamo, che causa del disastro è stata l'esplosione di un ordigno all'interno della fusoliera.
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Noi concordiamo con la conclusione raggiunta dagli esperti legali, secondo cui la natura dei frammenti e la loro distribuzione non lasciava alcun dubbio in merito al fatto che la carica esplosiva fosse contenuta in una radio di marca Toshiba.
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La natura e l'estensione dei danni agli abiti, congiuntamente ai pezzi nei quali erano conficcati confermano, se necessita una conferma, che l'esplosione è avvenuta all'interno del container AVE 4041, dimostrando altresì al di là di ogni ragionevole dubbio che l'ordigno esplosivo era contenuto in un radio-registratore Toshiba RT-SF 16, posto all'interno di una valigia Samsonite marrone, contenente anche alcuni indumenti.
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Dagli esami effettuati sulle etichette dei brandelli degli indumenti è stato possibile risalire ad una ditta di Malta, la "Yorki Clothing", presso la quale nel settembre 1989 si sono recati alcuni funzionari di polizia. Da qui si è potuti risalire al negozio di abbigliamento, "Mary's House", gestito dalla famiglia Gauci; il signor Tony Gauci figura tra i soci. Questi è stato in grado di ricordare un particolare episodio, svoltosi all'incirca una quindicina di giorni prima del Natale 1988, pur non ricordando la data esatta.
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Sembra sorprendente che il signor Gauci sia stato in grado di ricostruire, a distanza di circa nove mesi, i particolari di uno specifico acquisto effettuato nel negozio. Egli ha spiegato che il compratore appariva estremamente disinteressato rispetto a ciò che acquistava. Noi siamo convinti che la ricostruzione dei fatti fornita dal signor Gauci sia comunque accurata. Siamo quindi altresì convinti che gli abiti contenuti nella valigia in questione siano quelli descritti dal signor Gauci, in quanto acquistati presso il suo negozio. Faremo nuovamente riferimento alla sua testimonianza in seguito, in relazione alla data dell'acquisto ed all'identificazione del compratore.
Nel corso delle operazioni di recupero dei frammenti è stato rinvenuto un pezzo di materiale carbonizzato che si è rivelato di cruciale importanza. Dagli esami di laboratorio è emerso che si trattava del colletto di una camicia grigia, gravemente danneggiato dall'esplosione e che presentava buchi di penetrazione localizzati e anneriti dall'azione dell'esplosivo. Conficcati all'interno dei buchi sono stati rinvenuti nove frammenti di plastica nera, un piccolo frammento metallico, un piccolo frammento di filo elettrico, oltre ad un frammento di un supporto per circuito elettrico di colore verde.
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Le indagini svolte dai funzionari di polizia nell'ambito delle industrie produttrici di circuiti stampati, nel tentativo di individuare la provenienza del frammento, non hanno portato ad alcun esito. Tuttavia, nel 1990, grazie ad informazioni ottenute dall'FBI, si è potuti risalire al tipo di timer cui apparteneva il circuito elettrico stampato.
Indagini successive hanno portato alla costituzione di una commissione rogatoria, che ha consentito alle autorità giudiziarie ed alla polizia di svolgere indagini in Svizzera per conto della polizia scozzese. Nel novembre 1990 e nel gennaio 1991, i soci della MEBO (signor Bollier e signor Meister), società che progetta e realizza componenti elettronici, sono stati interrogati ed hanno consegnato alcuni articoli ed una notevole quantità di documentazione. Da esami e confronti si è giunti alla conclusione che il frammento del circuito elettrico stampato era parte di un timer MST-13.
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Le prove che abbiamo fino ad ora valutato ci convincono al di là di ogni ragionevole dubbio che il disastro è stato causato da un ordigno esplosivo artigianale, contenuto all'interno di un radio-registratore Toshiba, collocato in una valigia Samsonite di colore marrone insieme ad altri articoli di abbigliamento, acquistati presso il negozio "Mary's House" del signor Gauci a Malta e che l'esplosione è stata innescata tramite un timer MST-13.
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La Corte ha stabilito che la valigia in questione è stata caricata all'aeroporto Luqa di Malta sul volo Air Malta KM180, diretto a Francoforte, luogo nel quale è stata trasferita sul volo Pan Am 103A, in coincidenza a Londra con il volo PA103. Questa ricostruzione si fonda su testimonianze e su prove documentarie relative ai tre aeroporti. Da tali prove si evince che un bagaglio non identificato e non accompagnato è stato caricato sul volo KM180, poi trasferito sul PA103A a Francoforte e, successivamente, sul PA103 a Heathrow.
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L'aeroporto di Luqa è piuttosto piccolo. L'area bagagli è poco spaziosa. I bagagli vengono controllati, mediante l'utilizzo di metal detectors, da addetti alla dogana e da personale militare. Queste apparecchiature sono in grado di individuare la presenza di numerosi esplosivi ma, normalmente, non del Semtex.
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La Air Malta funge da agente gestore di tutte le linee aeree presenti a Luqa.
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La mancanza di spiegazioni in merito alle modalità con le quali la valigia in questione sia stata collocata sul volo KM180, rappresenta una seria difficoltà per la Corte, da considerarsi unitamente alle prove circostanziali del caso.
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Consideriamo quindi le prove in nostro possesso al fine di stabilire il coinvolgimento di uno o di entrambi gli imputati.
Per quanto riguarda il primo imputato, disponiamo di tre importanti testimoni, Abdul Majid, Edwin Bollier e Tony Gauci.
Abdul Majid nel 1984 entrò a far parte della "JSO" (Organizzazione libica per la sicurezza esterna). Nel 1985, fu nominato assistente del secondo imputato, che all'epoca ricopriva l'incarico di capo scalo delle LAA all'aeroporto di Luqa.
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Nel corso di un primo incontro con la CIA nell'ottobre 1988 egli affermò di essere a conoscenza del fatto che negli uffici della LAA per alcuni mesi erano stati conservati otto chilogrammi di esplosivo. Affermò altresì che ad un certo punto il primo imputato gli aveva chiesto di "prendersi cura" del secondo imputato ed anche dell'esplosivo una volta che il secondo imputato avesse lasciato l'incarico di capo scalo.
è chiaro che i particolari relativi a questa storia sono emersi solo due anni e mezzo dopo il primo racconto ed innumerevoli dettagli non coincidono.
La testimonianza di Mr. Bollier, socio della MEBO, riguarda i timer MST-13. La MEBO, costituita nei primi anni '70 da Edwin Bollier e da Erwin Meister, con sede a Zurigo, si occupava di apparecchiature elettriche, elettroniche e di controllo. Allora, secondo Bollier, il governo libico ed in particolare il servizio di sicurezza militare libico figuravano tra i principali clienti della società.
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Siamo convinti dell'attendibilità della testimonianza del signor Bollier, anche alla luce della documentazione fornita in relazione alla circostanza secondo la quale la MEBO, nel 1988, aveva dato in affitto alcuni locali all'interno dei suoi uffici di Zurigo alla società ABH, di cui erano titolari il primo imputato ed un certo Badri Hassan. Questi avevano detto al signor Bollier di essere interessati ad una partecipazione nella MEBO o, comunque, ad avviare con essa rapporti di affari.
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Il terzo importante testimone è il signor Gauci.
Il signor Gauci nel corso di questi anni si è recato varie volte presso gli uffici della polizia di Malta per visionare varie fotografie. Il 13 agosto 1999, egli ha riconosciuto il primo imputato tra varie fotografie che gli erano state mostrate.
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Siamo convinti dell'attendibilità della sua identificazione per quanto riguarda il primo imputato come acquirente degli abiti e che si tratta di un elemento estremamente rilevante nell'ambito di questo caso.
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Prima dell'inizio del processo ciascun imputato ha presentato una identica "Notice", considerata in termini di Special Defence of Incrimination. Gli individui incriminati nell'annesso alla Notice erano membri del Palestian Popular Struggle Front (PPSF) e membri del Popular Front for the Liberation of Palestine-General Command (PFLP-CG).
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Nessun membro di queste organizzazioni si è presentato a testimoniare, tuttavia, risulta chiaro da altre prove che ci hanno fornito funzionari delle forze di polizia tedesche (BKA), che una cellula dell' FPLP-CG era stata attiva nell'allora Germania occidentale, almeno fino all'ottobre 1988. Le prove che abbiamo raccolto dimostrano che almeno a quell'epoca la cellula aveva l'intenzione e disponeva dei mezzi necessari per la fabbricazione di ordigni in grado di far esplodere aerei civili. Il 26 ottobre 1988, dopo un periodo di sorveglianza, il BKA aveva arrestato alcuni individui. In particolare nel corso delle perquisizioni dei locali sono stati rinvenuti radio-registratori, esplosivi, detonatori, timer, barometri, armi, munizioni, ed altri articoli tra cui orari aerei e sette etichette per bagaglio della Lufthansa non utilizzate. Tra gli orari sembra vi fosse anche quello della Pan Am.
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Tuttavia, non vi sono prove in grado di attestare che la cellula disponeva del materiale necessario a fabbricare un ordigno esplosivo del tipo utilizzato sul volo PA103.
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Da quanto esaminato fino ad ora, riteniamo sia provato che la valigia contenente l'ordigno sia stata imbarcata a Malta, sia transitata a Francoforte e caricata sul volo PA103 a Heathrow. Come abbiamo già detto, è chiaro che resta un margine di incertezza circa la provenienza degli indumenti contenuti nella valigia (se fossero o meno quelli acquistati nel negozio del signor Gauci, il 7 dicembre 1988). L'acquirente era di nazionalità libica, come testimoniato dal signor Gauci. L'esplosione è stata innescata con un timer MST-13. Alla Libia era stato fornito un consistente quantitativo di questi timer. Non possiamo escludere che gli indumenti siano stato trasportati da Malta ed assemblati in un altro luogo, insieme al timer proveniente da un'altra località, non dalla Libia, e introdotto nel sistema-bagagli della linea aerea a Francoforte o a Heathrow. Quando, tuttavia, le prove relative agli abiti, all'acquirente ed al timer vengono aggiunte a quelle relative alla valigia non accompagnata, trasferita dal volo KM180 al volo PA103A, la deduzione, a nostro avviso, che si tratti della valigia contente l'ordigno diviene molto plausibile. Come abbiamo già detto, l'assenza di una spiegazione su come sia stata introdotta all'aeroporto di Luqa resta la nostra maggiore difficoltà, tuttavia dopo aver tenuto ampiamente conto di tale difficoltà, restiamo dell'opinione che la valigia abbia iniziato il suo viaggio all'aeroporto di Luqa. La deduzione che chiaramente traiamo da queste prove è che l'ideazione, la pianificazione e l'esecuzione del piano che ha condotto alla collocazione dell'ordigno, siano di matrice libica. Mentre, senza dubbio, nello stesso periodo anche organizzazioni come il PFLP-CG e il PPSF erano impegnate in attività terroristiche, riteniamo di non disporre di prove sufficienti per poter dedurre che esse siano state coinvolte in questo particolare atto di terrorismo, e le prove relative alle loro attività non sono tali da creare un ragionevole dubbio in merito alla matrice libica dell'attentato.
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In tale contesto torniamo ad esaminare le prove che potrebbero dimostrare il coinvolgimento di uno o di entrambi gli imputati, tenendo bene a mente che le prove contro ciascuno devono essere valutate distintamente, e che prima di condannarli dobbiamo essere convinti al di là di ogni ragionevole dubbio della loro colpevolezza, tenuto conto che una sola testimonianza non è sufficiente.
La principale prova esistente contro il secondo imputato consiste in due annotazioni trovate nella sua agenda del 1988, rinvenuta nell'aprile 1991 presso gli uffici della Medtours, società costituita dal secondo imputato e dal signor Vassallo. In fondo all'agenda vi erano due pagine di annotazioni numerate. La n. 14 è traducibile in: "prendere etichette dall'aeroporto (Abdulbaset/Abdussalam)". La parola etichette era scritta in arabo, il resto in inglese. Alla pagina corrispondente al giorno 15 dicembre era scritto "prendere etichette dall'Air Malta" e, a seguire, con inchiostro di colore diverso: "OK". La parola "etichette" era scritta in inglese. La deduzione fatta dalla Corte sulla base di queste annotazioni è che il secondo imputato si fosse procurato le etichette dell'Air Malta per il primo imputato, e che in qualità di impiegato di compagnia aerea, avrebbe dovuto sapere che l'unico scopo della richiesta poteva essere quello di far viaggiare un bagaglio non accompagnato su un aereo. Da un'altra annotazione del 15 dicembre (tradotta come "Abdel-baset arriva da Zurigo"), sembra che il secondo imputato aspettasse la visita a Malta del primo imputato per quello stesso giorno. Il primo imputato è giunto a Malta il 17 dicembre, ma non si è incontrato con il secondo. Il 18 dicembre il secondo imputato si è recato a Tripoli, da dove è tornato il 20 dicembre sullo stesso volo su cui viaggiava il primo imputato. Da ciò deduciamo che in quella data, il primo imputato stava trasferendo i componenti dell'ordigno a Malta ed aveva chiesto aiuto del secondo imputato per far passare la valigia attraverso la dogana, in quanto quest'ultimo, essendo ben noto ai funzionari doganali non sarebbe stato fermato e perquisito. Questo racconto conferma quanto testimoniato da Abdul Majid. Infine, la Corte ha ritenuto che per far passare la valigia attraverso i controlli di sicurezza dell'aeroporto di Luqa, il 21 dicembre, e poi imbarcarla sul volo KM180, qualcuno a conoscenza dei controlli avrebbe potuto trovare agevolmente il sistema per eluderli. Il secondo imputato, avendo ricoperto l'incarico di capo scalo per alcuni anni, era perfetto per portare a termine tale compito.
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L'avvocato difensore del secondo imputato ha sostenuto che anche ove egli si fosse procurato le etichette per consegnarle al primo imputato, sarebbe eccessivo ritenere che egli fosse consapevole che sarebbero state utilizzate per far esplodere un aereo, considerando che la Corte non sostiene più che il secondo imputato fosse un membro del Servizio di Intelligence libico.
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Tuttavia, mentre dalle annotazioni sull'agenda si evincono deduzioni negative, siamo giunti alla conclusione che non ci siano prove sufficienti e attendibili per supportare e confermare la colpevolezza del secondo imputato, in particolare dedurre che egli fosse consapevole che la collaborazione fornita al primo imputato servisse alla distruzione di un aereo per mezzo di un ordigno esplosivo. Quindi, a nostro avviso, le annotazioni dell'agenda non sono sufficienti per poter trarre deduzioni che supportino la sua colpevolezza. In tali circostanze, il secondo imputato viene prosciolto.
Passiamo ad esaminare la posizione del primo imputato. Va chiarito immediatamente che le annotazioni sull'agenda del secondo imputato non costituiscono una prova contro il primo imputato. Per questa ragione è importante non considerarle più.
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Il 15.6. 1987, il primo imputato ha ottenuto un passaporto libico intestato a Ahmed Khalifa Abdusamad, valido fino al 14.6.1991, che ha utilizzato nell'agosto 1987 per compiere una visita in Nigeria. Questo passaporto è stato utilizzato anche nel corso del 1987 per viaggi in Etiopia, Arabia Saudita e Cipro. Nel 1988, il passaporto è stato utilizzato una sola volta in occasione di un viaggio a Malta, il 20/21 dicembre. Nel 1988 egli, con passaporto intestato a suo nome, ha compiuto vari viaggi, in particolare a Malta dal 7 al 9 dicembre.
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Una prova molto importante contro il primo imputato è l'identificazione da parte del signor Gauci. Per le ragioni esposte, riteniamo che su questo punto il signor Gauci sia attendibile, pur riconoscendo che non si tratta di un'identificazione inequivocabile. Da questa testimonianza possiamo dedurre che il primo imputato sia l'acquirente degli abiti che avvolgevano l'ordigno esplosivo. Abbiamo stabilito che la data dell'acquisto degli abiti è il 7 dicembre 1988, e che quel giorno il primo imputato giungeva a Malta, dove si è trattenuto fino al giorno 9, soggiornando all'hotel Holiday Inn di Sliema, nei pressi del negozio "Mary's House". Se è stato lui ad acquistare gli abiti, è facile ritenere che fosse altresì consapevole dello scopo dell'acquisto. Considerato che era membro del JSO, dove aveva ricoperto incarichi di grado abbastanza elevato, come quello di responsabile della sicurezza della linea aerea libica (LAA). Da ciò possiamo dedurre che egli fosse a conoscenza, almeno genericamente, del tipo di controlli di sicurezza presso gli aeroporti da cui operavano le LAA. Inoltre, sembra che lo stesso sia stato coinvolto in attività di acquisizione di materiali militari. Aveva rapporti con il signor Bollier, sebbene non specificatamente in relazione ai timer MST ed aveva costituito, con Badri Hassan, una società che aveva preso in affitto dei locali dalla MEBO, con cui intendeva sviluppare rapporti d'affari. Nell'intervista che ha dato a Mr. Salinger, ha negato qualsiasi rapporto con la MEBO. Questa versione è stata da noi respinta. Il 20 dicembre 1988, è giunto a Malta utilizzando il passaporto intestato a Abdusamad. A quanto risulta dai riscontri, non ci sono motivazioni apparenti per questa visita. Tutto ciò che risulta provato da elementi riscontrabili è che il primo e il secondo imputato, in serata, hanno compiuto una breve visita a casa del signor Vassallo e che il primo imputato ha fatto o ha tentato di fare una telefonata al secondo imputato alle h. 07.11 del mattino seguente. E' possibile dedurre che questa visita sotto falso nome la sera antecedente l'imbarco dell'ordigno a Luqa, seguita dalla sua partenza per Tripoli la mattina seguente, all'incirca all'ora in cui l'ordigno dovrebbe essere stato imbarcato, sia da collegarsi al collocamento dell'ordigno. Tale deduzione non sarebbe stata tratta, ove vi fossero state motivazioni valide per detta visita. L'unica spiegazione che compare nelle testimonianza dell'imputato è contenuta nella sua intervista al signor Salinger, in cui ha negato di essersi recato a Malta e di aver utilizzato il nome di Abdusamad e di essere in possesso di un passaporto intestato a quel nome. Respingiamo tale versione dei fatti.
Siamo consapevoli che per quanto concerne taluni aspetti del caso vi siano diverse incertezze e riserve. Siamo consapevoli del pericolo che selezionando parti delle prove che sembrano collimare e non considerandone altre, è possibile trarre da un'insieme di testimonianze contrastanti una modalità o una conclusione che non sia completamente giustificabile. Tuttavia, avendo valutato l'insieme delle prove, con le dovute incertezze e riserve, nonché le memorie degli avvocati, siamo convinti che la prova dell'acquisto degli abiti a Malta, la presenza di quegli abiti nella valigia, il trasferimento del bagaglio da Malta a Londra, l'identificazione del primo imputato (sebbene non assoluta), i suoi spostamenti sotto falso nome a/o all'incirca all'ora in cui il bagaglio veniva imbarcato, e gli altri precedenti come il suo legame con il signor Bollier della MEBO, con i membri del JSO o dell'esercito libico che, avevano acquistato i timer MST-13 - collimano e costituiscono una modalità plausibile e convincente. Non c'è nulla nelle prove che ci lascia alcun ragionevole dubbio in merito alla colpevolezza del primo imputato e, di conseguenza, lo riteniamo colpevole delle restanti accuse contenute nel documento di Indictment emendato.
Il verdetto è stato emesso dai tre giudici con decisione unanime.
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